Se possiamo osservare stelle, pianeti e tutto ciò che esiste nell’Universo, compresi noi stessi, è perché, come suggeriscono i fisici teorici, dopo la primordiale esplosione cosmica, il “Big Bang”, la materia ha prevalso sull’antimateria ed ha dato vita all’Universo così come lo conosciamo. Oggi, l'affascinante idea che vi sia in natura una asimmetria tra materia e antimateria, tecnicamente nota come violazione di CP, viene confermata da nuovi, entusiasmanti risultati raggiunti dalla Collaborazione Internazionale BaBar, di cui fa parte l'Infn.
I risultati, sottoposti per la pubblicazione alla prestigiosa rivista “Physical Review Letters” , riguardano in particolare una nuova misura che dimostra inconfutabilmente una netta differenza di comportamento tra le particelle chiamate mesoni B e la loro controparte di antimateria, i mesoni anti-B.
Queste particelle sono prodotte presso il collisore PEP-II del laboratorio SLAC in California, grazie a scontri fra fasci di elettroni e la loro controparte di antimateria, i positroni. Avendo vita molto breve, i mesoni generati decadono, trasformandosi ossia, quasi immediatamente in altre particelle subatomiche.
Ed è proprio in questa trasformazione che gli studiosi di BaBar hanno evidenziato una diversità di comportamento tra le particelle e le antiparticelle.
“Se non ci fosse differenza tra materia e antimateria, i mesoni B e gli anti-B mostrerebbero esattamente le stesse modalità di decadimento. Invece la nostra nuova misura evidenzia proprio una sostanziale diversità negli schemi di decadimento”, dice Marcello Giorgi, coordinatore della collaborazione BaBar e ricercatore dell'Infn di Pisa.
Studiando infatti il decadimento di oltre 200 milioni di coppie di mesoni B e mesoni anti-B, i ricercatori hanno scoperto un modo nuovo in cui si manifestano gli effetti dell'asimmetria tra materia e antimateria: si tratta di un fenomeno noto come violazione di CP diretta, che si verifica semplicemente come una differenza fra il numero di decadimenti di materia rispetto a quelli dell’antimateria.
"Abbiamo notato 910 esempi di decadimento del mesone B in un kaone e in un pione, ma solo 696 esempi per il mesone anti-B. Questa nuova misura è prima di tutto il risultato dell’eccezionale prestazione del collisore PEP-II di SLAC e dell’elevatissima efficienza del rivelatore BaBar", conclude Giorgi.
La collaborazione di BaBar è costituita da fisici provenienti da vari Paesi e il ruolo della componente italiana è rilevante. Basti pensare che la grande mole di dati grezzi prodotti da BaBar al ritmo di quasi un TeraByte al giorno, vale a dire mille miliardi di byte, sono transitati in Italia, dove è avvenuta l’elaborazione primaria presso il centro di calcolo dell' Infn di Padova.
"Per noi del gruppo italiano dell'Infn, la seconda comunità nella collaborazione dopo quella americana, si tratta di un risultato di grande soddisfazione. Il nostro contributo all’esperimento è infatti a 360 gradi e va dalla manutenzione dei sofisticati rivelatori che fotografano i brevi attimi di vita dei mesoni B, all'entusiasmante impegno nell'analisi dei dati" aggiunge Mauro Morandin, dell’Infn di Padova, che con Francesco Forti, dell’Infn di Pisa, coordina i circa 100 fisici ed ingegneri italiani coinvolti in BaBar.
"Sono stati proprio Gianluca Cavoto, un giovane ricercatore dell’Università La Sapienza di Roma e della Princeton University e Jim Olsen, della Princeton University a coordinare il lavoro che a tempo di record ha portato a questo risultato, uno dei più importanti fra i cento ormai pubblicati dalla Collaborazione” conclude Mauro Morandin.
Come afferma Johnatan Dorfan, direttore di SLAC “Questa osservazione rappresenta un significativo passo in avanti per comporre il puzzle dell’evoluzione di materia ed antimateria nell’Universo”.